lunedì 16 maggio 2016

tremende corvine acque

L'acqua è fredda. E' nera. E' pulita, ma nera è perché profonda.
Mi arriva al mento, e a causa delle onde, la ingoio.
Un cavallo dal manto corvino come le acque, sta irrimediabilmente annegando. Non ce la fa più a nuotare. Annaspa.
Le onde incalzano, come un accordo al piano, suonato a loop.
Voci lontane.
Non c'è via d'uscita, solo una distesa infinita d'acqua, e i cavalli, si sà, non sono animali acquatici. Niente dita palmate.Uno zoccolo rotondo, per ben aderire al terreno.
L'ennesima caduta in acqua questa, per aver fatto uno arabesque sugli scogli. I tendini si son piegati, o l'equilibrio ho perduto. Quando imparerò che in certi luoghi non si può danzare? Piuttosto reprimere, non esprimere.
Non mi aspetto più nulla, nemmeno dalle persone che mi ammiravano nella culla.
Cosa ci fa, un cavallo, nel mare?
 
 

giovedì 15 ottobre 2015

c'è troppa luce e vogliono spegnerla
c'è troppa luce, inconsciamente ciò li spaventa
la fiamma brucia e fa troppa luce
hanno tutti paura di bruciarsi, tranne lui
ma io non posso rischiare di ustionarti davvero, ho già lasciato il segno sui tuoi predecessori, amor mio
allora addio

tu sei venuto da lontano, solcando i mari da ragazzino
che coraggio che hai avuto
io invece, sono un essere mai cresciuto
il dolore ho inflitto, perché dolore ho subìto
non è un buon motivo, ma è la disgrazia di cui vivo

ti prego solleva il tuo sguardo da questo essere disgraziato, persino la vergogna m'ha oltrepassato





Biondo del passato, tu che tanto mi hai donato
delle tue parole mi son rimembrata
"Hai i girasoli negli occhi", andavi ripetendomi
ed io scorgevo che forse qualcuno m'amava, sorridendomi
la mia vista ha traballato, perché anche oggi, ho lottato
la follia m'ha assalito, sangue del mio sangue ho aggredito
di te mi son ricordata, di te che m'hai amato
ancor più bella immagine è, quando m'hai raccolto, sollevato, che significa salvato.

domenica 4 ottobre 2015

04/10/15

Persi tutto, anche la voce. Contemporaneamente alla dignità di Persona. 
Acquistai molto, soprattutto ferite da raccontare a nessuno, come sempre. Anche illudendosi che in quell'oggi ci fosse finalmente qualcuno. In realtà non c'era mai nessuno. Non ci fu mai nessuno perché eravamo solo io e te, anima mia, dolore mio, problema, angoscia, ricordo di ciò che dentro imperversava e nessuno mai poté figurare in sé, nella propria scheda memoria, tranne forse chi visse il simile.
Per quanto stessi ammalandomi, persino nella malattia permase la lotta. Questo è la Vita.
L'esterno però mi portò a lottare anche contro me stessa, perché si arriva al punto in cui, pur di non impazzire, ci si autodistrugge, o forse è questa, la follia. La follia indotta dall'esterno. Temetti e tanto, che l'esterno mi avrebbe costretto ad essere un Non Essere. Disumanizzata.





Che qualcuno parli CON la mia anima!
Di coloro i quali credettero di poter esercitare la loro vanità e le loro smanie causate dalla loro malattia, di coloro i quali vollero parlare ALLA mia anima, beh ne ebbi abbastanza.



E la 3oud di Nasser Shamma non suonava, parlava. E allora c'era qualcuno che poteva, involontariamente(?) parlare con lei, con me! Mi resi conto di non aver perso la speranza, e allora iniziai a danzare. Tutto era Insieme. La comunicazione con l'esterno era comunicazione con l'interno. Era tutto la stessa cosa.  Era tutto così bello e perfetto nel momento presente, che non potei fare a meno d'esser perfetta anch'io.
Da quel momento lontano e e sempre vicino, io seppi a chi rivolgermi.

Allora dunque, pregai che Dio avesse pietà della vostra anima ormai sudicia. Lui sa.

Quanto dolce fu il vibrar di quelle corde, talvolta pizzicate, talvolta accarezzate. Sempre dolce la sua mano, sempre in perfetto equilibrio il mio piede. 
Sola ero e sempre rimasi.
Alle spalle il precipizio mi lasciai. Lì dove loro erano, senza averne avuto mai, coscienza alcuna.

giovedì 21 maggio 2015

Non ho bisogno di nient'altro, adesso che ho trovato Dio.

Certo è, che ognuno di noi trova la Spiritualità in qualcosa di diverso. (Come c'è anche chi mai la troverà).
Nata e cresciuta da "Cristiana", non sentivo niente se non una "spiritualità" indotta, fatta di costrizioni e FORMALITA'. Finii per odiare il concetto di Dio. Volli ucciderlo e così feci.
Solo a seguito di questo illuminante omicidio, scoprii dov'era. Dov'è.
Poii partii, avendo deciso di riconciliarmi col Tutto, dopo aver vissuto la più ignominiosa disperazione, frustrazione. Per più di tre anni.
Partii per vivere il più sporco dei peccati, la puzza disgustevole degli scarti delle macchine che fanno a gara con carri malandati, trainati da altrettanto malandati asini storpi.
Partii per incontrare il mio promesso sposo: il Nilo.
Partii per farmi curare le ferite dal miglior medico: il caldo Sole d'Egitto.
Partii per trovarmi attraverso la scoperta del diverso, dei sorrisi di bambini che giocano per strade polverse con la ruota di una bicicletta. Partii per specchiarmi, vedere la mia immagine riflessa negli occhi disarmanti delle donne che hanno partorito l'umanità, le donne d'Africa, quelle che tengono scoperta, alla luce del sole la loro parte migliore: gli occhi.
Partii per specchiarmi, vedere la mia immagine riflessa negli occhi di uomini che proibiscono l'omosessualità tenedosi per mano, abbracciando e chiamando "Amore

mio", persone del loro stesso sesso.
Partii per conoscere il popolo delle contraddizioni, il popolo della Danza della Terra, il popolo dei sorrisi e della Rivoluzione, il popolo che lotta a qualsiasi età, il popolo che mai si arrende; per scoprire che c'è una persona che vive nella spazzatura, con tutta la sua famiglia, a dieci metri da chi siede ad un café, in giacca e cravatta, tentando di stabilire la connessione wi-fi.
Dovetti piegare la mia anima alla visione di scene alle quali mai avrei immaginato di dover assistere.
Dovetti abbassare il capo e alle volte, nonostante la mia anima impavida, provocatoria e naturalmente Libera, deviare lo sguardo. Tacere.
Tra Amore e repressione, tra nostalgia e sete di scoperta, c'era sempre una moschea coi suoi cortili a cielo aperto, perché le creature volatili di Allah potessero ricordarmi che faccio parte di qualcosa d'immensamente più grande di me. C'era sempre una moschea in cui camminare scalzi, come bambini ai loro primi tentativi d'esplorazione del mondo. C'era sempre una moschea in cui, fregiata d'una lunga veste e col capo coperto in segno di sottomissione, rispetto e protezione, potermi aggirare come un Essere Umano.


Partii e tornai. Ancor più curiosa e nostalgica.
Oh cuore mio, tornerò a prenderti lì dove t'ho lasciato, nel silenzio del deserto, interrotto solo dal vento che aleggia tra le piramidi; lì nell'eterea immensità delle moschee.
Tornerò a prenderti, per poi giacere con te per sempre. Lì dove tu stesso decidesti di metter radici; nel luogo in cui fosti portato dalle mie ali.

Non ho bisogno di nient'altro, adesso che ho trovato Dio.


 Foto di Hussein Magdi (https://www.facebook.com/pages/Cairo-Photos/293144890878833?fref=ts )

lunedì 12 gennaio 2015

on the Nile. Non ti perderai proprio adesso.

"Quei bambini non hanno niente, ma hanno ogni cosa, ogni sorta di consapevolezza del vivere, io non ho nulla se non il desiderio. Mi vien da piangere. E' immenso.", esordì lei.
"Sarà un'esperienza grande ed empirica. Sarai vicino al Nilo! Wow, diventerai più fertile!", rispose lui con una delle sue comicità naturali.

"Assolutamente, nell'anima."
"Limo a parte. Invidio la tua felicità, tanto."
"Non devi. Non devi perché è insita, ma effettivamente ho dovuto rimescolare un po' la terra, zapparla, arare le valli del mio cuore per scoprirne l'insita fertilità. Era tutto nascosto lì sotto, seppellito. Tutto lì che s'impreziosiva e  contemporaneamente insudiciava ad ogni colpo, ad ogni sprezzante pugnalata. Siamo simili. Prendi la vanga ed inizia a coltivarti.", terminò ed alzando gli occhi vide il suo sguardo addosso. Il solito, quello  consapevole ed anche un po' accecato.
Seguì una certa pausa, non troppo lunga.
Ricominciò lei prendendo un profondo respiro con la faccia a forma di sorriso: "La mia anima in questo momento vibra fortissimo. Riesco ad avvertirlo proprio a livello fisico."
"Sì, riesco a percepirlo a distanza."
"Davvero lo senti?"
"Fortissimo."
"Più niente m'importa della sofferenza che ho vissuto in quest'ultimi anni.", disse. "Tutte le ferite si rimargineranno, rimarranno solo la crosticina; le cicatrici bellissime d'ogni pugnalata ed il nero rossastro d'ognuna di esse brilleranno come rubino sotto la calda carezza del sole d'Egitto."

"Devo dirti una cosa che sento: stai facendo tutto bene. Tutto. Si vede che hai pochi rimpianti, insomma quelli giusti. Si vede, e sento che il tuo futuro è luminoso come Ra, il dio del sole che illumina le piramidi. Sento che tornerai...se tornerai, come una sfinge. Sarai ancora più libera, perché lo sei sempre stata. Sempre, cazzo! Libera e forte."
Il suo tono era solenne, sicuro come quello di un sacerdote impegnato nella sua predica.

"E questo ti farà nascer dentro  una bellezza e pienezza di te che ti spingerà a saperti nutrire da sola, indipendentemente, come si deve.", tali parole furono seguite da una lunga pausa di sguardi protagonisti. Poi ricominciò: " Ecco, questo è tutto quello che ho provato verso di te in un secondo. Non ti perderai proprio adesso."
"Se mi perderò sarà solo per trovarmi. Mai più mi perderò perché mai più mi troverò nella condizione d'esser stata abbandonata; ora mi amo moltissimo. Quello che sto facendo è un continuo chieder perdono alla mia anima per aver creduto di aver bisogno di un altro individuo per salvarmi. Le ho chiesto perdono per averla affossata e subordinata, per aver "perso" tempo, per essermi costretta nello scantinato buio anche e soprattutto quando c'era il sole."
Entrambi sapevano che il loro scambio d'Essenze era giunto al termine.
Si salutarono sorridendo l'uno al cuore dell'altro.



(Fishermen’s boat is seen on the Nile River in Cairo, Egypt, on Dec. 22, 2014.Photo by @Panchaoyue http://ift.tt/1x3uSjo)






domenica 16 novembre 2014

Unisciti al vortice. (sono chiamata, come tutti, a diffondere ciò che ho scoperto, ciò che ho sentito nelle profondità dell'anima.)

Che l'energia ti pervada.
Che l'energia invada ogni singolo piccolo spazio di te, del tuo corpo.
Tanto da esser all'esterno manifesta. Sulla tua pelle vibrante e colorita di benessere.
Che l'energia di pervada.
Mangia la frutta, mangia la verdura solamente lavata e a crudo condita. Assimila l'integrale, la totalità delle cose, non una parte di esse.
Cogline poi l'essenza nel movimento.

Senti il tuo corpo. Sentilo.
Senti che vibra al suono prodotto dalla nota più acuta di un consapevole cantante.
Vibra anche tu con esso, produci anche tu il suono. Un suono, quello che il tuo corpo sente di emettere. Che sia un lamento sconnesso, una parola ben distinta, o una vocale.
Senti il tuo corpo bruciare sotto lo sforzo della corsa e sentine il dolore dei muscoli restii ad allungarsi. Immagina un viso davanti a te e allungati per prenderlo tra le mani e carezzarlo, i tuoi muscoli si tenderanno senza remore.
Fallo al buio, senza distrazioni. E' nel nero che intravedi una luce. E' nel nero che cercherai tutti i tuoi colori. Ed è lì che li scoprirai come il più entusiasta e deterinato degli esploratori.
Allena l'energia del pensiero, la concentrazione. Convoglia tutto il tuo potenziale energetico al centro. Resta in piedi, appena dondolante. Unisci le mani a preghiera, il sacro gesto della sottomissione e della comprensione, del chieder scusa, della prostrazione difronte all'immensità del meccanismo del quale fai parte.
Unisciti al vortice.

Ascolta la musica, lascia che la melodia sia il dito che preme l'interruttore che apre le porte dell'anima. Danza oppure non farlo. Danza muovendoti e poi da fermo. E' importante farlo in entrambi i modi perché nel primo, allenerai la mente a tacere, il secondo sarà l'esame, la prova della riuscita dell'allenamento.
Canta mentre danzi.
Crea un vortice e poi entra in esso.
Muovilo.
Tienilo in vita, come se dipendesse da te.


Immagina.
Ma più d'ogni altra cosa, fai.
Immagina e poi fai.
Vivi. Agisci. Sii.





sabato 15 novembre 2014

The Burden

ispiratomi da:
   The Burden (Salomè)- credits: http://www.sicioldrart.com/

La portata del nostro squarcio di vita è troppo grande. Troppo grande per custodirti solo nell'anima e nel cuore. Sto facendo la cosa giusta, lo so, me lo dice ogni singola molecola del mio sangue.
Lo prendo e lo metto nella bisaccia, badando bene a non graffiarlo né scheggiarlo.
Contemporaneamente al chiudersi del portone alle mie spalle, un violento schiaffo del vento mi coglie impreparata. Non importa, ne ho ricevuti molti altri in passato e non solo dal vento.
Il mio inceder si fa sicuro; feroce come se stia per trasformarmi in quella famosa tigre di cui si parlava ai tempi; sotto l'influsso di questa falce di luna che mi comanda, mi assoggetta completamente, mi dà vita.
Il vento non è solo forte, ma gelido. Sento che sto per farmi compatta in ogni mia parte.
Mai come oggi, sento di saper cosa voglio, cosa sto facendo, devo portarti e tenerti con me per l'eternità; finché durerà la mia.
Tante cose ho imparato da te. Una di queste, scalare. Che si trattasse di montagne, come uno dei più bravi escursionisti; o di muri, come il più agile ed invisibile dei ninja. Impara l'arte e mettila da parte, è così che si dice? Io non metto da parte niente, e così ogni giorno rivivo i tuoi insegnamenti, le mie paure, il cuore che si piega sotto la sferza dei crampi del passato. Ogni giorno rivivo ogni cosa, l'arte del vivere e del non vivere.

Un ultimo sforzo e la scalata mi porterà nel tuo antro.
Sono qui.
Tu dormi nella soffice morsa dei due cuscini, i soliti. Uno tra le gambe, ed uno sotto il capo. Il calore che cerchi, lo trovi lì. Perdonami d'aver mancato, di non avertelo saputo donare.
Bando alle ciance, ti farò mio per sempre, una volta per tutte. Non con le mie solite parole delle quali mi son fin ora servita per la tessitura di poesie e raccontini, ma con i gesti. Uno solo.
Sei di spalle, allora vengo io da te, faccio il giro.
L'angelo che ho sempre ammirato come in un affresco è ancora lì, in te. Sottile ed impercettibile il tuo respiro. Fiabesco nella sua inverosimilità.
Chissà cosa stai sognando. Sogni sempre, tu. Film del più raffinato e psicologico stile fantasy. Ode al tuo inconscio, che straborda da ogni connessione neuronale.
D'un tratto sento di volermi coricare con te, abbracciarti da dietro; esplorare per ricordare i solchi del tuo petto, statuario. Ma non posso lasciarmi andare a simili amorevolezze. Nemmeno questa volta...

Lo tiro fuori dalla bisaccia. Brilla sotto il chiarore della falce celeste, il mio pugnale arabo.
Farò presto Amore. Non ti farò del male, questa volta.
Prometto che sarà indolore. Manterrò la parola data, questa volta.
In me l'eccitazione di una bambina che scarta i suoi regali. Ma devo stare attenta, non lasciarmi prendere dall'entusiasmo del farti mio per sempre, ed essere finalmente matura. Almeno questa volta.
Il colpo è secco, sono stata molto brava. Hai avuto giusto il tempo di aprire i tuoi occhi meravigliosi ed imploranti. Hai quasi sussurrato il mio nome, ed io il tuo.
Ho detto “Amore”, questa volta.
Scappo via, scappo via lasciando insanguinate le lenzuola e monco il tuo corpo. Mancante di ciò che più avevi fino a qual momento curato: la testa.

Ho chiesto alla sarta di cucire questo copricapo con la più pregiata delle stoffe e la più resistente delle pelli. Dev'esser davvero ben fatto per poter reggere il peso di cotanta brillantissima materia grigia e dev'esser bellissimo ma non appariscente, per esser all'altezza della singolarità dei tuoi tratti e della luminescenza dei tuoi occhi, che ancor brillano, seppur senza vita ormai.
Ti ho con me ora. Ed è per sempre. 
E' pesante, sì. E' pesante il fardello di cui voglio farmi carico. Non potrebbe esser altrimenti, visto il vissuto. Ma sono disposta a portarlo, sono decisa a farlo. E' tutto pronto, sono forte ormai.
Non solo ho il tuo capo, ma me lo porto sempre dietro, anzi davanti, come se volessi comunicare ad ogni uomo, ad ogni donna, ad ogni essere che incontro lungo il cammino, che non c'è speranza, che sono ormai morta, perché quel giovane con cui condivisi la vita per un tempo, vive ancora in me, e me lo porto dietro ovunque vada.
Senza alcuna speranza-né volontà- di liberazione.